Quella del Real Sito di Carditello è una storia intimamente legata alla Corona Borbonica, di cui rappresenterà una delle principali delizie, nonché un prestigioso simbolo dell’eccellenza che il Regno di Napoli seppe guadagnarsi, a livello europeo, nel campo dell’agricoltura e dell’allevamento.
Durante il suo regno, Carlo III diede infatti ordine di creare una nuova pregiata razza equina incrociando stalloni turchi e fattrici locali presso un ampio fondo del Conte di Acerra, nel cuore della Campania Felix, già destinato anche ad una pregiata produzione agricola e casearia. Risultato dell’incrocio fu il Cavallo Persano, che si contraddistingueva per eleganza, destrezza e velocità, rappresentando il fiore all’occhiello della cavalleria reale. In continuità con il padre, anche il figlio Ferdinando, che gli succedette sul trono, si impegnò a favorire lo sviluppo della tenuta già individuata.
Inizialmente destinato a non assumere incarichi di governo in quanto terzogenito, Ferdinando di Borbone ebbe modo di trascorrere una giovinezza libera dal tradizionale rigore educativo riservato agli eredi al trono. Quando gli eventi lo portarono a salire sul trono, la sua minore età gli concesse, ancora per qualche anno, di coltivare la passione per la caccia e per i cavalli, trasmessegli dal padre.
Nel 1759, Ferdinando VI di Borbone, re di Spagna, morì senza lasciare eredi. Il suo trono fu assunto dal fratello Carlo, già Re di Napoli e Sicilia. La successione sul trono napoletano non fu però altrettanto semplice: il primogenito Filippo, dichiarato inabile di mente, dovette esserne escluso, mentre il secondo figlio, Carlo Antonio, avrebbe dovuto seguire il padre in Spagna ai fini di assicurarsi un erede. Con ciò, il terzogenito Ferdinando divenne re a soli otto anni, venendo poi affiancato da un Consiglio di Reggenza fino al compimento della maggiore età.
Nel 1787, l’architetto Francesco Collicini, allievo del Vanvitelli, fu quindi incaricato di costruire, all'interno della tenuta, una nuova palazzina in stile neoclassico. In seguito al completamento, il sito raggiunse il suo picco di splendore grazie ai lavori di decorazione ed arredo affidati al pittore Jacob Philipp Hackert, già noto per la sua attività presso la Reggia di Caserta e il Real Sito di San Leucio.
Col passare degli anni, il sito venne progressivamente svuotato di gran parte del suo patrimonio, ma la sua esistenza proseguì dividendosi tra una fiorente attività produttiva e lo sfruttamento degli ampi spazi per le battute di caccia dei sovrani.
Vero e proprio simbolo del potere borbonico, il sito venne occupato dai garibaldini nel 1860 e fu consegnato ai Savoia in seguito all’Unità d’Italia.
Dal 1920 in poi, la proprietà del sito passò a vari enti statali, che lo gestirono con fortune alterne fino al 2004, quando passò al Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo. Nel 2016, dopo una lunga ed ampissima opera di recupero, che strappò la tenuta al degrado accumulatosi negli anni, il sito fu infine affidato alla Fondazione Carditello, nata da un accordo tra il Ministero, Regione Campania, Prefetto di Caserta e Comune di San Tammaro.