Il Convento Irpino dei Miracoli e delle Reliquie amato dal "Re di Maggio", Umberto II
Luogo di culto, scrigno di reperti unici nel loro genere, il Museo e il Convento di San Francesco a Folloni rappresentano due dei più splendenti gioielli appartenenti al patrimonio artistico, storico, archeologico e culturale della Campania.
Storia del Museo
La storia del complesso di San Francesco a Folloni risale al XIII secolo ed è collegata alla tradizione del viaggio di San Francesco d’Assisi al santuario di San Michele Arcangelo sul Gargano. La storia narra che San Francesco, giunto a Montella, avesse chiesto ospitalità al feudatario presso il castello del paese.
Tuttavia, in assenza del signore, il castellano, ignaro della fama del poverello di Assisi, lo scacciò. Francesco, insieme ai suoi confratelli, si rifugiò allora nel bosco di Folloni, all'epoca infestato dai briganti, e passò la notte sotto un leccio. Quella notte nevicò abbondantemente “e quantunque non avesse cessato, in tutto quel tempo, di far assaissima neve, nulladimeno non toccò quella né l'albero, né il luogo ove i frati dormivano”.
Il castellano, insieme a tutta la popolazione, accorsero la mattina dopo, e, assistito al miracolo, chiesero a San Francesco di lasciare nel luogo due frati affinché realizzassero un convento. Il leccio del miracolo fu conservato come reliquia sotto l'altare della chiesa per lungo tempo.
Altro luogo interessato da un miracolo fu una fontana, i cui ruderi si trovano a nord-ovest del convento, sempre nel bosco di Folloni. Si narra infatti che Francesco, di ritorno dalla Puglia, si fosse fermato nuovamente a Montella, quando già era stato realizzato il primo nucleo del convento. Per dissetare gli operai, che non potevano abbeverarsi alle acque del fiume Calore a causa della torbidezza delle sue acque, il Santo fece sgorgare ai piedi di un cerro secco una sorgente di acqua limpida, sulla quale fu successivamente edificata la fontana.
Un altro episodio miracoloso legato a questi luoghi fu quello relativo alla cosiddetta “reliquia del sacco”. Si narra che nell'inverno del 1224, i frati fossero rimasti bloccati dalla neve nella chiesa nel bosco infestato dai lupi. Stavano per morire di fame, quando sentirono bussare alla porta, e, aperto, trovarono un sacco pieno di pane con il contrassegno dei gigli di Francia.
In quel momento Francesco d'Assisi era alla corte di Luigi VIII, e la storia vuole che il santo avesse affidato agli angeli il pane per i suoi frati, chiesto per carità al re. La tela del sacco fu conservata per tre secoli come tovaglia di altare, e nel Cinquecento cominciò ad essere spezzettata e distribuita come reliquia a diverse chiese e ai fedeli.
L’unico frammento ancora esistente, quello custodito per oltre 180 anni dai confrati dell’Arciconfraternita del Santissimo Sacramento, è oggi conservato in un reliquiario della Chiesa di San Francesco a Folloni, realizzato appositamente e collocato nella cappella del Crocifisso, a destra dell'altare della chiesa.
Il primo nucleo del complesso risale al Duecento e l’antico romitorio sorgeva dove è oggi la sacrestia, come hanno confermato resti murari emersi in recenti scavi.
Nel Cinquecento fu costruito un più ampio convento ma anche di questa fase rimangono pochi ambienti integri, come il chiostro con la cisterna. È alla metà del XVIII secolo che il complesso assunse l’assetto architettonico definitivo, con la realizzazione di un nuovo chiostro e di una nuova chiesa che conservò, come le precedenti, il titolo dell'Annunziata. Degli ambienti cinquecenteschi fu conservata la navata sinistra e il coro, oggi noto come Cappella del Crocifisso, ma la descrizione della chiesa del Cinquecento è nella Platea del convento (1740-1741), conservata nell’Archivio di Stato di Avellino.
Le soppressioni del decennio francese (1806-1816) e quelle seguite all’Unità d’Italia provocarono l’abbandono del convento da parte dei frati che vi tornarono soltanto nel 1933, quando fu restaurato grazie al sostegno dei cittadini di Montella e di Umberto II di Savoia, amante di questo luogo.
Il convento, che ospita tuttora una piccola comunità monastica, è anche sede del Museo dell'Opera che conserva numerosi beni storico artistici. Dal dicembre 2014, il Ministero per i beni e le attività culturali ne gestisce il patrimonio storico-artistico tramite il Polo museale della Campania, poi divenuto Direzione regionale Musei nel dicembre 2019.
Patrimonio
La chiesa è a navata unica con cappelle laterali, transetto e coro impreziosita da stucchi. Settecenteschi sono tutti gli arredi liturgici come gli altari, le pile dell’acqua santa, gli stalli del coro, il pulpito e i confessionali.
Dal coro della chiesa si accede alla Cappella del Crocifisso, il cui altare contiene la venerata reliquia del Sacco di San Francesco, ed alla sacrestia, a pianta rettangolare, impreziosita dai pregevoli intagli lignei del banco e da uno splendido lavabo marmoreo decorato a volute e delfini incrociati.
In quest’ambiente è collocato il magnifico cenotafio eretto da Margherita Orsini in onore di suo marito Diego I Cavaniglia, conte di Montella, morto nel settembre 1481 per una ferita riportata ad Otranto, durante la guerra tra Napoli e Venezia.
All’interno del Museo dell’Opera, di grande valore storico e artistico sono i paramenti sacri in broccato di seta risalenti al XVI secolo. Fanno parte della collezione del museo anche arredi e suppellettili lignee, ceramiche, argenti, stoffe, stampe che vanno dal XV al XIX secolo, nonché numerose reliquie.
Annessa al museo è la Biblioteca, che, istituita nel XV secolo, fu saccheggiata dopo la soppressione del convento in epoca napoleonica. Ripristinata negli anni Trenta del secolo scorso, e da allora ospitata nella sala cinquecentesca dell'ex refettorio, questa biblioteca conserva opere edite in Italia e all'estero dai primi del Cinquecento a tutto il Settecento. Conserva attualmente circa 20.000 volumi.
In seguito ai lavori di consolidamento successivi al terremoto dell’Irpinia del 1980, alcuni operai rinvengono uno scheletro in un sarcofago, poi riposto senza che la scoperta fosse comunicata. Nel 2004 accertamenti e analisi riveleranno che lo scheletro appartiene al Conte Diego I Cavaniglia (1453 – 1481), feudatario di Montella dal 1477 al 1481, morto nella battaglia di Otranto, contro i turchi.
Una campagna di scavi condotta tra il 2005 e il 2010 ha portato alla luce le strutture murarie dell'antica chiesa e, sotto il livello del pavimento del chiostro, una necropoli medievale francescana.
Unico esempio per il Mezzogiorno d'Italia, casi analoghi sono attestati soltanto in alcuni contesti, oggetto di scavo, in Italia settentrionale. I corpi sono stati rinvenuti con le braccia incrociate sul petto ed un cuscino di pietre.